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Energy Family Project, l’associazione come una formula chimica

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03/05/2021

L’intervista a Samuela Sarda, la presidente dell’associazione che si occupa dei bambini con agenesia, regalando un sostegno valido alle famiglie

Samuela Sarda si definisce la «molecola del gruppo» di Energy Family Project. Al momento uno può pensare che questo sia un modo riduttivo per raccontarsi. Ma se si legge la definizione di questa piccola particella, si potranno trovare delle similitudini importanti rispetto a quest’associazione di promozione sociale. “È una sostanza in grado di conservarne la composizione chimica e di determinarne le proprietà e il comportamento chimico-fisico” (Oxford Languages). Servono però i legami per rendere tutto questo possibile, una legge che vale tanto nella scienza quanto nella vita. E Samuela, sarda ma residente a Roma, questo lo ha capito dal primo momento. Di lei si viene prima di tutto colpiti dalla sua fermezza, oltre che da una sensibilità profonda di fronte a dei temi che la riguardano nel profondo. Li affronta con una solidità ammirevole, che serve a mantenere intatti quei legami tra gli atomi che non si fermano mai. A queste particelle se ne sono aggiunte altre lungo il percorso, ma la formula di Energy Family Project è rimasta intatta, con lo stesso intento di quando era nata: supportare i piccoli, senza mai dimenticarsi dei più grandi.

Che cos’è Energy Family Project?
Energy Family Project è un’associazione italiana per bambini e famiglie che affrontano l’agenesia, l’amputazione e la malformazione da arti. Nel caso della agenesia i bambini subiscono dentro il grembo della mamma un’amputazione che può essere dovuta a una briglia amniotica o a un collasso vascolare che non determina lo sviluppo dell’arto. Da quando è nata Energy Family Project, aiutarli è diventata per noi una mission di vita. Essendo un gruppo di famiglie e volontari, ci siamo ritrovati tutti quanti ad aver vissuto la stessa esperienza e quindi la prima cosa che scaturisce quando ci sono dei genitori che vivono questo tipo di esperienze è che si crea un impatto empatico pazzesco, perché si formano relazioni solide tra le famiglie di qualsiasi parte del territorio, soprattutto grazie ai social.

Come si sta muovendo l’associazione nel dettaglio?
Ci confrontiamo con le famiglie di tutta Italia e in qualsiasi parte del mondo, dalle aree del Messico, della Colombia, fino al Paraguay e le Filippine. Lì ti rendi conto che noi davanti a certe situazioni siamo più agevolati rispetto agli altri, ma il confronto è mondiale ed è fantastico. Nella nostra associazione l’80% dei bambini sono nati con malformazioni o agenesie, mentre l’altro 20% sono dei bambini amputati a seguito di incidenti stradali o domestici. Il primo obiettivo dell’associazione, composto anche di professionisti, è quello di dare quel supporto immediato che non c’era quando era nato mio figlio. Non c’era un’associazione, un protocollo nascite che accompagnasse la famiglia davanti a quel tipo di patologia in quello che è il percorso che possa essere terapico fisioterapico chirurgico anche psicologico e, perché no, burocratico.

Che cosa è cambiato dopo due anni di attività?
Noi siamo nati il 2 ottobre 2019 e a oggi posso dirti che qualcosa si è mosso, soprattutto se si pensa alla consapevolezza verso questo tema di due anni fa. Noi ci siamo sempre mossi con l’intellettualità necessaria ad affrontare la vita. E penso a quando è nato mio figlio, dove ho provato un dolore immenso. Spesso, in assenza di diagnosi prenatali, la maggior parte dei bambini vengono al mondo con la malformazione da arti che nessuna ecografia l’abbia mai evidenziato. Quindi la botta finale nel momento più bello della tua vita è assolutamente terribile. Soprattutto perché non viene nessuno a dirti che esiste un’associazione, un programma definito puoi andare in questo ospedale. L’unica cosa che ti dicono è che ci sono un sacco di protesi, mentre in realtà la nascita di un bambino senza un arto sono tantissime cose messe insieme, entra in campo un discorso psicologico, su cui bisogna subito intervenire.

Quali sono le vostre attività?
A oggi siamo in campo con diverse iniziative. Adesso siamo all’interno dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Palidoro nel nuovo centro polispecialistico di chirurgia della mano e del piede, dove abbiamo creato subito un filo diretto con la famiglia attraverso un protocollo ad hoc per Energy family project. Il bambino viene preso per mano è accompagnato per tutto il percorso insieme ai genitori, seguendo un piano ben preciso che prevede una parte psicologica che serve a far crescere un figlio e a educarlo nella disabilità. La famiglia verrà poi accompagnata nel percorso fisioterapico riabilitativo e, talvolta, chirurgico, dove il bambino viene preso in carico per tutta la durata del programma. La seconda con la quale stiamo collaborando è la Fondazione Santa Lucia a Roma, un ospedale privato di ricerca a livello europeo che si occupa di neuroriabilitazione motoria. In questo caso stanno facendo in modo che questo programma di neuroriabilitazione pediatrica per bambini con amputazione congenite e traumatiche venga fatto in qualsiasi parte d’Italia, cosicché ogni paziente venga trattato da qualsiasi terapista seguendo le stesse linee guide fisioterapiche. E nonostante in questo momento non esista un filo conduttore tra fisioterapisti, da quando si è inserito Energy Family Project sì sono inseriti dei Best Pratctises per semplificare tutto il percorso riabilitativo. Poi uno dei progetti che io amo sono fiera all’ennesima potenza è E-nable Italia, ideato dal vicepresidente Alberto Navatta, che sono delle manine giocattolo create in 3D. È un piccolo passo per ridurre un ritardo evidente in molte parti del mondo, compresa l’Italia. Per certi Paesi i device stampati in 3D che noi doniamo rappresentano una svolta. Ci sono molte realtà del terzo mondo o dell’Africa dove se tu nasci con delle amputazioni vieni completamente escluso dalla società, perché non esistono proprio iniziative come queste. Quindi se offri a un bambino un dispositivo pronto per l’uso o gli permetti di stamparsela in poco tempo, questo bambino potrà non solo sopravvivere, ma potrà cavarsela con le proprie forze.

Quanto conta la formazione nella vostra associazione?
All’inizio tutto è nato dall’esperienza che si è via via creata nella gestione di ogni singolo caso grazie a dei genitori scelti da Energy Family Project come moderatori. Sono stati di grande supporto per questa associazione, ma abbiamo visto che era necessaria una preparazione e un supporto specifico alle famiglie. Per questo sei mesi fa abbiamo ingaggiato un team di psicoterapeuti da una scuola che sta a Cagliari, chiedendo loro di organizzare un programma di formazione dedicato. Ovviamente, ci vorrà del tempo, perché sarà un anno di scuola al quale parteciperanno 15 coach.

Intanto, la prossima sfida è già domani, l’ultramaratona.
Esatto. Quando Alessio Alfei e Simone Colombo ci hanno contattato per questa ultramaratona, ci hanno detto che ogni anno decidono di sposare una causa, legando la loro sfida a quella di un’associazione. L’endurance ha inoltre un significato particolare. È la resistenza fisica che va oltre la tua forza, cercando di superare ogni limite. Un po’ la rappresentazione della nostra vita e della nostra associazione. Per questo hanno deciso di compiere un percorso coast to coast che parte da Civitanova Marche e taglia l’Italia in due arrivando a Orbetello. Una corsa di 420 chilometri in parte su strada e alcune tratte su sterrato, che richiede 21 giorni per completarla. Ma loro si stanno allenando a pieno regime da gennaio, e hanno deciso di realizzarla in 10 giorni, suddivisi in 10 maratone. All’inizio sembrava impossibile, dal momento che eravamo in pieno lockdown. Eppure nel frattempo abbiamo creato una campagna crowdfunding, che accompagnerà la loro sfida a sostegno delle iniziative e la mission di Energy Family Project. Il loro arrivo è previsto a Orbetello, e durante il loro percorso saranno seguiti passo per passo, tra sostegno e riprese. E tutte le famiglie li aspetteranno allo stadio di Civitanova Marche, dove siamo riusciti a organizzare un convegno medico che spiegherà tutti i passi in avanti dell’associazione.

 

Riccardo Lo Re

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