Il ritorno del Re Nudo, la rivista underground
Si parla di musica, poesia e teatro, e di un nuovo modo di intercettare cultura e realtà
Si parla del ritorno di Re Nudo, la rivista underground degli anni Settanta, si parla del ritorno di un’utopia che vede già numerosi intellettuali accanto a Luca Pollini. Giornalista e scrittore, le cui numerose biografie vedono innegabili star come Madonna, quella di Luca Pollini è una scrittura inarrestabile, raffinatamente provocatoria, discendente diretta del giornalismo arrembante; perché si infila col suo libro Vaticano e pedofilia nelle spirali dell’inchiesta e vira con disinvoltura in un numero significativo di saggi. Parla di Hippie e di quella che a molti della net-generation risulta come una rivoluzione sconosciuta e, ancora, si addentra nel solco di quel che lui definisce una necessaria trasgressione, quella dei “provos” e delle comuni del Sessantotto. Da Andrea Majid Valcarenghi, front man di quel dissenso diffuso, eredita Re Nudo con tutto il bagaglio di istanze e impolverate promesse depositate nel tempo. Rimaste lì sul fondale di diversi tentativi, in mezzo a uomini con consapevolezze comuni, più che una rivista oggi Re Nudo sembra una staffetta che è necessario passare.
Negli anni, di vite controcorrente Luca Pollini ne ha osservate diverse. Le ha attraversate col garbo di un’osservazione che non si ferma alla pelle. Se c’è un’indagine che sa certo condurre è quella sulla natura dell’uomo, in lotta con contraddizioni e regole messe lì per essere rispettate o, se serve, concordate nuovamente. Si destreggia, molto a suo agio, anche tra le sceneggiature teatrali tra cui l’imperdibile Restare in Vietnam, che di recente ha visto una fortunata riedizione, con la perizia di chi sa come tra le storie nascoste ci siano incise le voci degli Illuminati.
Non che si scomponga all’idea di riesumare una rivista di cui i nativi digitali non conoscono manco l’esistenza, anzi. Nella logica di Luca Pollini, fautore delle principali leve della Milano del Festival del Parco Lambro, questo risulta essere l’atto dovuto e rivoluzionario che proprio quei giovani intende reclutare. E che insieme parla a una platea di boomer che della rivoluzione del Sessantotto sono i figli legittimi. Un’impresa trasversale tanto semplice da sembrare irrealizzabile se pensiamo che nell’universo della comunicazione degli ultimi anni si è trovato il modo di colonizzare vaste aeree delle metropoli più abitate, lasciando però le falangi più vitali dei giovani senza voce. Quelle risacche fertilissime di pensieri, per certi aspetti incontaminati, sono rimaste troppo spesso disertate da un’informazione adeguata diventando trasparenti nello scenario globale, underground o mainstream che sia. Eppure lì da sempre provengono le vere avanguardie che oggi, di questo curioso momento storico, continuano a pagare il prezzo più alto. Re Nudo si propone di parlare di una rivoluzione culturale che ha a che fare con lo scarto generazionale, con quel fruire del tempo che ha sbalzato il linguaggio in una riscrittura di se stesso. E proprio in questo modo ripete uno schema, lo replica, travisa e distorce astutamente la solennità di ogni profezia sul dissenso e si fa cassa di risonanza di coloro che di fatto sembrano tacere, perché stanchi di essere per certi aspetti ignorati o per altri comunicati, per esempio, come seguaci di un rap che sbanca tutto o di un rock la cui estetica sembra imitare il passato.
Ed eccola la logica del nuovo direttore: quell’area che appare invisibile è il cuore pulsante di un’informazione che, abissalmente distante dalla generazione rivoluzionaria, ne resta fatalmente agganciata nei contenuti.
Lo slogan del lancio, «Re Nudo la rivista che i tuoi genitori ti invidiano», accende nei centri sociali milanesi un interesse divertito a cui gli esponenti della scena culturale come il sociologo Renato Mannheimer, Rosario Pantaleo, Alberto Camerini e Alan Maglio, fanno eco nel Mare Culturale Urbano in occasione di Book City. Sarà un gioco di specchi tra teatro e musica con le accezioni diverse di un tono che non riesce ad essere immaginato neanche dalla più fervente fantasia. Non ne ha la più pallida idea il giornalista e autore che sta a capo di un sistema di scritture estremamente affilate ed indipendenti, una schiera di giovani e di dannatamente vecchi militanti che, come spade incrociate, faranno accadere ogni trimestre pagine e pagine di inedite sorprese. Questa più che una rivista è un contesto e insieme è un tavolo di lavoro che andrà a pescare nel magma di tutto ciò che non segna le industrie musicali o editoriali. Tra tutte quelle realtà indipendenti, o solo innominate, che può anche sembrar tardi identificare come tendenze, Re Nudo si assume bellamente il ruolo di attrattore. Perché sempre le avanguardie si sono trasformate in “passato” ma ogni giorno ha luogo l’invisibilità di nuovi eserciti avanzanti silenziosi e, più che mai, potenti. E, se come dice Walter Benjamin “esiste un appuntamento misterioso tra le generazioni passate e la nostra. Noi siamo stati attesi sulla Terra.”, di un sovrano spogliato si riesce a leggere, tra le pieghe della pelle, il suo immutato carisma.
Anna Maria Turra