Maria Lai, Il tempo dell’incalcolabile a Milano
La mostra esposta nella galleria M77 curata da Alberto Salvadori e incentrata su una delle figure più celebri dell’arte contemporanea
«L’uomo di tutti i tempi guarda alla propria vita interrogandosi sul mistero del prima e del dopo. Come un bambino gioca, inventa, propone, dà voce ai fantasmi che popolano la sua ansia di assoluto. Nella vastità del viaggio nascono le religioni e le ragioni dell’arte». Maria Lai con queste parole riassume ciò che per lei è l’arte. Un percorso rischioso e per nulla scontato dove tutto, a cominciare dalla relazione tra uomo e natura, viene messo in stretta relazione per cogliere il significato più profondo delle cose attorno a noi. Maria Lai, Il tempo dell’incalcolabile è infatti la mostra in programma nella galleria M77 curata da Alberto Salvadori. Un racconto che si serve di alcune opere diventate simbolo della poetica dell’artista e che rimanda a temi particolarmente sensibili come la dimensione del sacro, delle origini, dell’identità e della nascita. Fino al 26 febbraio sarà possibile entrare in un universo dove il mito va a intrecciarsi con il filo che la teneva stretta nel suo mondo, a contatto con le sue radici sarde. Un patrimonio inestimabile che oggi riprende vita in un progetto curato da Alberto Salvadori.
La leggenda di Maria Pietra
L’esposizione nasce dalla collaborazione con l’Archivio Maria Lai, grazie al quale è stato possibile volgere lo sguardo su certi aspetti delle sue opere connesse alle tradizioni del luogo. Il tempo dell’incalcolabile nasce infatti dal contatto con le opere di Salvatore Cambosu, un autore che ha avuto un ruolo importante nella carriera di Maria Lai. Ricordava perfettamente quando, in un’intervista alla Rai, lo scrittore narrò la storia di Maria Pietra. Una leggenda che avrebbe dovuto riportare fiducia verso l’arte, ma che, come lei stessa dichiarò, mostrava un lato che la terrorizzava particolarmente. Le vicende di Maria Pietra possono in effetti sconvolgere, ma solo arrivando alla fine questo racconto riuscirà a lasciare un segno profondo nell’anima di Maria Lai. Maria Pietra, racconta l’artista, era «un’artigiana del pane» che conosceva le parole della magia. Un linguaggio che non aveva imparato, ma che era invece frutto dell’istinto, evocando qualcosa di proibito che andava subito dimenticato. Lei voleva essere una donna come le altre, dedicando tutta se stessa al suo bambino Cuore-Mio. Ma quando si ammalò, «nel delirio della febbre» chiese di poter giocare con gli animali che stavano nel bosco. Maria Pietra cominciò a usare quelle parole magiche sfidando la sorte. Un destino che si dimostrò beffardo nel momento in cui quelle specie, strappate dalla natura, cominciarono a morire, insieme al bambino. La donna si chiese il perché di quella punizione. Quando però un angelo si mostrò davanti a lei, disse che era stato mandato da Cuore-Mio per permettere al ragazzo di entrare in Paradiso. Ciò era possibile solo se lei fosse stata in grado di fermare le sue lacrime. Una richiesta impossibile, tanto era il dolore. Per questo doveva essere l’angelo a farlo per lei, con la promessa che il bambino sarebbe tornato sulla Terra. Maria si trasformò in pietra prendendosi le conseguenze di quel castigo, ma ci fu un momento in cui provò «una gioia fulminante, lunga un’eternità»: la voce del bambino mentre giocava con gli animali in giardino.
La mostra
Questa leggenda andava raccontata perché coincideva con ciò che sentiva Maria Lai. All’inizio non accettava di essere un’artista, perché l’arte, usando le sue parole, «fa paura. Se usata in modo pratico si trasforma in magia nera, e porta alla morte. Se usata nella follia, nell’incoscienza e nella passione allora fa miracoli». Questa storia è una perfetta rappresentazione di tutto l’animo umano. Un equilibro che è messo spesso in discussione dalle scelte individuali che sfociano nell’egoismo. Per questo certe tematiche come il rispetto per l’ambiente rientravano di diritto nelle sue opere, perché era l’unico modo che aveva l’arte per offrire una sua chiave di lettura su una realtà in evoluzione. Lo dimostrano le 33 sculture in ceramica della serie dei Telai di Maria Pietra, e le immagini scattate da Piero Berengo Gardin che immortalano uno dei grandi momenti della sua carriera di artista: Legarsi alla montagna, la prima opera di arte relazionale mai fatta in Italia. A chiudere la mostra sarà infine l’installazione in ceramica La frana e il video originale dell’azione collettiva a Ulassai realizzato da Tonino Casula. Un’occasione per ripercorrere insieme uno dei grandi eventi storici avvenuti in Sardegna.
Riccardo Lo Re