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Not Amazon, in Canada un portale per i piccoli imprenditori di città

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22/01/2021

L’iniziativa è partita durante il lockdown, con un post su Instagram di Ali Haberstroh. Da lì, il successo del sito si è espanso in più città

Questo non è Amazon, ma è una storia vera. Meglio cominciare così, così da mettere in chiaro come a volte un’idea dal basso possa diventare un progetto utile per la comunità. E, perché no, un lavoro. Il lockdown causato da questa pandemia ha avuto molte implicazioni. Non serve più specificare quelle negative. Sono sotto gli occhi di tutti, e vengono più volte sottolineati, giustamente, sui giornali locali e nazionali. Ma eccone una positiva, che ha come protagonista una ragazza canadese di nome Ali Haberstroh, fondatrice del sito Not Amazon. Gli effetti del covid si sono fatti sentire anche a Toronto. Un giorno, però, un suo amico di vecchia dato ha bussato alla sua porta con una lista. I nomi sono di piccoli negozi di città che offrivano un servizio di ritiro e consegna. Anche lì i locali, chiusi, non potevano muoversi più di così, un po’ come i colossi dell’e-commerce come Amazon, solo con meno risorse.

Il sito Not Amazon
Eureka! La risposta era proprio lì. Tra la concorrenza (non c’è nulla di male in questo). Ma loro, i negozi del centro, hanno un’arma in più: la presenza fisica, l’essere stati lì, a pochi passi da casa, pronti a dare consigli. «È stato un campanello d’allarme – afferma Haberstroh al New York Times – Ho pensato che se c’è una piccola cosa che posso fare per aiutare, allora mi sarei messa al lavoro». La domanda è lecita. Perché, di questa emergenza sanitaria, si sono solo avvantaggiati solo realtà come Amazon? Sono nati sul web, vero; ma la rete è, fino a prova contraria, uno spazio accessibile da tutti, che può essere sfruttato con spirito d’iniziativa. Ci si gioca tutto se si ha in mano l’idea giusta posta in maniera corretta. A Not Amazon sono voluti sono alcuni mesi per trasformarsi in un piccolo sito in un portale che coinvolge più città del Canada.

Il post su Instagram
Con l’acquisto del dominio, Ali Haberstroh ha creato un post sul proprio profilo Instagram, chiedendo il supporto dalle maggiori realtà che popolano Toronto. L’obiettivo è stringersi assieme, in un momento in cui si è costretti a rimanere lontani. Ed è ciò che è successo. Da quella lista di 160 negozi (integrati successivamente da ulteriori ricerche), si è arrivato a raggiungere quota 4000. E la cosa sensazionale è che non si è fermata ai confini della metropoli, ma si è estesa fino a Calgary, Vancouver e Halifax. Alcuni di essi possedevano già un sito, e un servizio di spedizione che raggiungeva ogni angolo del Canada. Altri sono persino in attesa di ricevere l’ok da Ali, vista la quantità di richieste. Essere integrati in una grossa vetrina digitale restituisce una forte visibilità al negozio, con i clienti disposti a sfogliare la varietà di prodotti in un unico luogo, piuttosto che uscire e andare alla ricerca del sito che offra l’oggetto desiderato. E questo va certamente a influire sul volume di vendite. In un periodo dove il 40% delle piccole imprese è stata costretta a tagli di personale, e dove un’azienda canadese su sette è destinata a chiudere (le stime sono del Canadian Federation of Independent Business), è più che mai utile virare il comportamento degli utenti verso questi piccole iniziative, visto che, ormai, il cambiamento è già in corso. Ma non tutto va buttato via. Sono esempi come questi a dare la giusta spinta a investire e a credere nel futuro delle città, piccole e grandi.

 

Riccardo Lo Re

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